L’intervista: Cristina Racca

L’esperienza WorldSkills nelle parole della direttrice del “Consorzio interaziendale canavesano per la formazione professionale – Ciac di Ciriè (TO)

Partiamo dai campionati nazionali dei mestieri WorldSkills Italy che a ottobre 2020 si sono svolti a Bolzano. Come è andata?

L’agenzia Ciac crede nel metodo WorldSkills e ha sempre aderito alle sue iniziative. Non ho ancora avuto l’opportunità di partecipare personalmente, perché ricopro questo ruolo solo da due anni. Ho avuto però la fortuna di lavorare fin dal mio arrivo con due docenti che sono expert WorldSkills: in questo modo ho potuto rilevare subito i vantaggi che il metodo WorldSkills contribuisce ad apportare alla qualità della didattica.

Come?

Con le due docenti, per esempio, abbiamo impostato un progetto per applicare in modo sistematico il metodo WorldSkills nei corsi del settore estetica.

Con quali ricadute concrete?

Abbiamo attivato il progetto due anni fa, ma a causa della pandemia, purtroppo, non abbiamo ancora avuto modo di sperimentarlo appieno. Il primo passo concreto è stato adottare i criteri di valutazione all’interno di percorsi didattici. Abbiamo così rilevato il ruolo fondamentale delle competenze professionalizzanti, ma anche quello dell’acquisizione di skill più trasversali, come la professionalità, l’attenzione verso il cliente, l’ordine, la pulizia, la relazione con i colleghi… Anche questi punti sono diventati oggetto di valutazione da parte dei docenti.

Una valutazione, quindi, trasversale, analitica e scientifica?

Sì, da una parte i docenti hanno adottato schede dettagliate per la valutazione, dall’altra gli studenti sanno fin dal primo anno quali saranno i criteri utilizzati. Per fare un esempio: a noi non basta che sappiano usare la ceretta: sarà oggetto di valutazione anche come vengono legati i capelli, come è stirata la divisa, come si accoglie il cliente, come viene preparata la postazione… Che sono poi le competenze trasversali richieste dalle aziende, forse ancora più delle capacità tecniche.

Proprio le aziende lamentano la difficoltà di trovare personale rispondente ai loro bisogni…

Con il metodo WorldSkills noi siamo in grado di simulare quello che avviene in un ambiente di lavoro. A forza di riprodurlo costantemente ogni giorno, al termine del percorso di studi gli studenti acquisiscono competenze professionali e trasversali che si riveleranno determinanti nel mondo del lavoro.

In Piemonte, ma non solo nella nostra regione, si lamenta lo scarso riconoscimento sociale di cui le professioni artigianali godono.

È una questione di percezione: nonostante i buoni risultati in termini occupazionali, la formazione professionale sembra non avere la stessa dignità di altri percorsi scolastici, come per esempio i licei. Chi sceglie la formazione professionale? Il ragazzo legato a contesti sociali particolari, che non sa bene cosa fare, vuole studiare poco e impegnarsi al minimo. Nell’immaginario collettivo è così, ma non nella realtà: la formazione professionale è semplicemente una scelta diversa.

Perché in altri paesi a noi vicini, penso per esempio a Germania e Austria, gli artigiani sono invece tenuti in alta considerazione?

Perché da noi prevale la percezione di una qualità modesta. Programmi come WorldSkills contribuiscono a migliorare il livello della didattica, promuovendo e valorizzando anche la percezione complessiva della formazione professionale.

Torniamo al raccordo fra scuola e aziende. Ritiene la qualità della formazione professionale adeguata alle esigenze del mercato del lavoro?

C’è un gap da colmare: molto è già stato fatto e i risultati si iniziano a vedere. Occorre avvicinare sempre più i due mondi. La sinergia con il tessuto economico è proprio una caratteristica della formazione tecnica: i nostri ragazzi vanno in stage presso le aziende, molti imprenditori partecipano della progettazione dei percorsi formativi delle agenzie di formazione, molti professionisti sono docenti all’interno delle agenzie. La sinergia c’è già, ma esistono margini di miglioramento.

WorldSkills facilita questa sinergia?

Sì, perché contribuisce a superare il gap. Il suo obiettivo di innalzare la qualità della didattica è fondamentale e condivisibile. In questo rappresenta un importante valore aggiunto.

Il Piano di ripartenza e resilienza approntato dal governo punta anche sulla formazione, molto sulla formazione professionale. Che ruolo potrebbe giocare WorldSkills in questo scenario?

È una vetrina per l’orientamento. WorldSkills potrebbe davvero contribuire a cambiare la percezione che c’è verso la formazione professionale, nelle famiglie, nei ragazzi, negli interlocutori delle scuole medie, che dovrebbero essere maggiormente coinvolte in questo tipo di informazione.

Una vetrina per l’orientamento dice. Si riferisce alle competizioni che gli studenti mettono in scena durante gli eventi in presenza?

Sì. Inoltre rilevo che in quelle occasioni la possibilità di gareggiare in un clima che si avvicina molto a quello reale dell’ambiente di lavoro va nella direzione del miglioramento della qualità didattica. Parliamo sempre di una competizione sana, in cui mettersi in gioco e confrontarsi con gli altri, in un percorso di crescita professionale e personale.

Perché personale?

Anche dal punto di vista personale si cresce tanto. Infatti, al di là delle abilità tecniche, gli studenti che partecipano alle competizioni WorldSkills devono gestire le proprie emozioni, canalizzare lo stress… Queste sollecitazioni fanno sì che acquisiscano maggiore fiducia in se stessi e imparino ad affrontare meglio il loro futuro come professionisti e come persone.

In queste competizioni e in questi standard qualitativi alti vede qualcosa di non inclusivo?

Secondo me no. Il metodo WorldSkills è inclusivo perché all’interno delle nostre classi lo utilizziamo per tutti gli allievi, senza trascurare nessuno. Cerchiamo sempre di personalizzare i percorsi degli studenti per valorizzare le caratteristiche di ciascuno ed è chiaro che ciascun allievo raggiunge i propri obiettivi secondo i propri talenti, ma il sistema è “a pioggia” su tutti. Quindi sì, confermo che è un sistema inclusivo.

Si parla insistentemente di academy, dove la formazione professionale collima con le esigenze delle imprese. Come valuterebbe l’ipotesi di un’Academy WorldSkills Piemonte in questa importante funzione di raccordo fra scuola e mondo del lavoro?

Sarebbe un’opportunità importante. Dobbiamo superare il gap fra i profili che escono dalla formazione professionale e il mondo delle aziende. Una academy che facesse propri gli standard WorldSkills andrebbe proprio in questo senso, agendo prima di tutto sui formatori.

Ce n’è bisogno?

Avendo in agenzia due expert WorldSkills, vedo la differenza. Fare formazione secondo i parametri WorldSkills sarebbe una novità molto positiva. Lo ripeto: scuole e mondo delle imprese devono lavorare sempre più a contatto e valorizzarsi a vicenda. Il mondo della formazione professionale ha profondamente bisogno di capire quali sono le esigenze del mondo del lavoro e di conseguenza formare i ragazzi per assecondare quelle esigenze. Bene quindi iniziare dai formatori, che devono avere competenze alte, essere informati e aggiornati in un mercato che si evolve in continuazione, per offrire il massimo ai ragazzi. Dobbiamo puntare l’asticella verso l’alto prima di tutto noi formatori.

Definisca WorldSkills.

Un’esperienza importante da vivere e potenziare: deve coinvolgere sempre più agenzie e allievi. E non vedo l’ora di partecipare in prima persona!

Come vedrebbe una sorta di marchio di qualità WorldSkills?

Sarei la prima a diffonderlo e promuoverlo.

Confermate quindi la vostra adesione alle prossime edizioni?

Certo, in prima linea. Ci stiamo già organizzando.

Desidera aggiungere qualcosa?

Grazie per avermi offerto questa possibilità.